Estrapolo da un articolo che ho finito in questi giorni, spero non sia troppo lungo
L’astrologia odierna è simile a una corda tesa tra due necessità: compiacere le aspettative degli scettici, da un lato; compiacere le aspettative dei creduloni che si rivolgono a lei invece che a medici specializzati, dall’altro. A questo si è ridotta, tranne rari casi.
C’è anche da tener presente che la dimensione in cui si muove l’astrologia odierna non è quella del cielo reale, perché essa non tiene conto del fenomeno di precessione degli equinozi, e verrebbe anche da chiedersi con che criterio si presuma che la divisione dello Zodiaco in spicchi di 30° possa ritenersi esatta, dal momento che alcune costellazioni occupano 40°, altre 20°, e così via… e in effetti l’astrologia individuale, tesa a offrire al singolo l’interpretazione del cielo al momento della sua nascita, è un tardo sviluppo di questa disciplina e la sua prima applicazione al tema natale di un individuo risale al 234 a.C. In questo primo cielo natale, di origine babilonese, troviamo i pianeti domiciliati nei vari gradi dei segni zodiacali.
In epoca più antica, e proprio questo è il punto, la dimensione astrologica era collettiva e non si curava affatto della carta natale dei singoli: quando gli egizi si accorsero che la piena del Nilo coincideva col sorgere di Sirio, essi iniziarono ad annotare i moti della stella in relazione ai moti solari, dando così vita al “calendario delle epoche”, o “via delle anime”. Il sorgere dei due astri (Sirio e Sole) nello stesso momento, cioè il sorgere eliaco di Sirio, avveniva a quel tempo circa al solstizio d’estate, segnando la rigenerazione della fertilità della terra. Eppure, questo evento aveva una portata ben più grande: in base ai cicli di Sirio e del Sole, gli Egizi costruirono un calendario particolare, che potremmo definire “calendario delle epoche”, che cercherò di semplificare.
Una volta ogni 1460 anni l’anno vago (365 giorni del calendario civile) coincide col vero anno solare, di 365,2423 giorni. Questo arco di tempo, di 1460 anni tra due congiunzioni, è l’anno sothiaco, diviso a sua volta in 36 spicchi, chiamati “decani”, che nulla hanno a che vedere con le 12 costellazioni essendo piuttosto “porzioni di cielo” di 10° ciascuna che s’iniziavano a succedere dal sorgere eliaco di Sirio, il primo giorno dell’anno. All’interno di ogni spicchio sono contenute diverse stelle appartenenti alle costellazioni reali, che girano in questa sorta di “ruota del cielo” matematizzata (le costellazioni, come abbiamo avuto modo di notare anche prima, non occupano necessariamente i 30° attribuiti ad ogni segno zodiacale). Cielo reale e cielo “matematico”, quindi, giocano fra loro in una ruota di vibrazioni che si ripetono solo ad ogni nuova epoca.
Secondo questo sistema decanale, ogni anno sothiaco era diviso in 36 fasce di 40,56 anni ciascuna, e queste fasce erano governate da un decano al cui interno si trovavano alcune stelle notevoli: insieme, i due aspetti determinavano il carattere degli anni che cadevano sotto il loro dominio, tenendo anche conto del fenomeno di precessione degli equinozi. Per queste ragioni a Sirio fu dato l’appellativo di “via delle anime”: perché i suoi fenomeni celesti fissano i caratteri delle epoche umane.
Questo fatto ci dimostra come gli antichi fossero interessati a conoscere i moti stellari in relazione non solo ai tempi dell’agricoltura, all’orientamento notturno dei naviganti e alle piene dei fiumi, ma anche in relazione alle forze che si sarebbero esplicate nel corso del tempo e che avrebbero potuto causare catastrofi naturali, mutamenti sociali e via dicendo: essi quindi avevano una concezione più ampia dei fenomeni celesti, che andava al di là degli aspetti planetari riferiti al singolo individuo.
Uno dei primi popoli ad occuparsi di redigere un calendario “moderno” fu quello di area mesopotamica. I primi segni di una civiltà Babilonese sviluppata si collocano intorno al 2700 a.C., probabile epoca di fondazione della città di Ur, che divenne la capitale del regno neosumerico nel 2100 a.C.
I babilonesi furono i primi ad affrontare il tema dei moti delle stelle e delle eclissi. Spesso erano proprio i sovrani a richiedere loro di fare un elenco completo delle previsioni astronomiche dell’anno in corso, e oggi sappiamo che spesso la previsione di un’eclissi poteva essere adoperata dai regnanti per esercitare il proprio potere e fascino sul popolo.
Non disponendo di mezzi tecnologici sufficienti, gli astronomi di corte si basavano sui moti di alcune stelle di riferimento per calcolare le opposizioni dei pianeti nel corso del tempo; intuirono altresì i moti dei pianeti veloci e stilarono su delle tavolette alcune effemeridi. È bene tener presente che le conoscenze matematiche di quegli astronomi potevano ben supplire alla mancanza di mezzi tecnologici: stiamo infatti parlando del popolo che introdusse l’algebra. I loro calcoli sul mese sinodico lunare erano pressoché perfetti: lo scarto era di 30 secondi ogni 5000 lunazioni.
Già nel 1646 a.C., al tempo di re Ammisaduqa, abbiamo testimonianze sull’osservazione di Venere.
Sempre ai babilonesi è da attribuirsi la tavoletta di epoca Cassita (1550-1320 a.C.), forse copia di un documento più antico, in cui si riflette su “quanto una stella si trova dietro l’altra?” parlando della posizione delle Pleiadi, Orione e Sirio. Un’altra tavoletta della stessa epoca riporta una suddivisione del cielo in tre zone da dodici settori, in cui ogni zona contiene pianeti e costellazioni, numerati per gradi in una sorta di mappa. Alle costellazioni e ai pianeti erano già attribuiti dei nomi.
Ciò significa anche che astrologia e astronomia sono state, per millenni, una scienza unica, e che oltre all’istinto religioso gli antichi avevano anche una concezione del cielo come entità tridimensionale, ben lontana da quella concezione mistica e puerile che si vorrebbe attribuire loro.
[...] Già questo dovrebbe farci riflettere sul fatto che il tempo così inteso, cioè ciclico e legato a eventi naturali e fenomeni celesti, influiva certamente anche sull’approccio alla vita quotidiana, in piena armonia coi cicli naturali e scandita da questi.
Nelle stelle avevano dimora, infatti, gli Dei ed esse costituivano non già gli Dei stessi ma, se così possiamo dire, la manifestazione fisica e visibile di forze Archetipali e occulte. Usando un termine romantico potremmo definirle “il corpo degli Dei”.
Queste forze Archetipali si manifestavano nei cicli naturali, che dagli uomini erano appunto vaticinati attraverso il sorgere di alcune stelle; abbiamo ricordato Sirio per le piene del Nilo, ma altrettanto si potrebbe dire delle quattro stazioni solari legate alla ruota dell’anno e alle maggiori festività, che ancora oggi si rifanno a fenomeni astronomici notevoli: il Natale cristiano si situa in concomitanza col solstizio d’inverno, che anticamente corrispondeva al periodo dei Saturnali e alla vittoria della luce sulle tenebre, poiché da quel giorno la luce iniziava a rifarsi strada emergendo dalle tenebre dell’inverno; la Pasqua coincide con la prima domenica dopo la luna piena che segue l’equinozio di primavera.
Queste stesse Idee, Forze Vive o Dei sono infatti parte attiva delle due grandi discipline arcaiche: la cosmogonia e la mitologia, la prima scienza delle più alte trasmutazioni, la seconda esplicazione per parabole sulla natura di tali forze.
Sugli aspetti dell’armonia delle sfere si soffermò a lungo Pitagora, che a quanto sia concesso sapere dalle fonti che ne parlano fu un vero astrologo nel senso più puro del termine, in un’epoca in cui l’astrologia era stata matematizzata e razionalizzata dal pensiero greco. È pressappoco dai greci in poi, infatti, che astrologia e astronomia diventano due scienze distinte: la razionalizzazione del cielo, sempre più profondamente incasellato e legato da geometrie inviolabili e irrealistiche, portò le due discipline sempre più lontane da quello che furono in principio, cioè il fondamento della filosofia e dell’intuizione di un’analogia profonda tra macro e microcosmo.
Ma, ancora in epoca medievale, si bisbigliava che l’astrologia fosse il fondamento di tutte le scienze e la più profonda, e nelle discipline magiche i richiami ai “giusti tempi” indicati dagli astri rimasero sempre e rimangono ancor oggi in tutte le correnti, dalla più tradizionalista alla neopagana.
Ma scopo di tutte queste scienze occulte, indissolubilmente legate l’una all’altra, è pur sempre quello di riconoscere, risvegliare e riordinare queste forze nell’animo umano e porle in perfetta armonia con la Legge del Cosmo. [...]
L’astrologia diveniva così una dimensione cosmica dell’istinto magico ed essa stessa fondava la filosofia nella sua ragione d’essere, che era appunto il legame tra microcosmo e macrocosmo, l’armonia dell’uomo, della natura e dei cieli.