IL TEMPIO DELLE OMBRE - Studio di Magia ed Esoterismo

Il significato esoterico della Pasqua, Aeticoli interessante

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oxanguian
view post Posted on 6/3/2012, 09:32     +1   -1




Cari amici, ho trovato un' articolo, che reputo interessante e vorrei condividerlo con voi e magari commentarlo, buona lettura.

IL SIGNIFICATO ESOTERICO DELLA PASQUA

Rivista Lex Aurea






LA PASQUA ESOTERICA
a cura di
Giuseppe Citarda



E’ ampiamente riconosciuto che la fede israelitica si qualifica come adesione a Jahve presente operativamente nella storia, per liberare e salvare il suo popolo; tale adesione si può definire un’esperienza di tutto il popolo israelitico aperta a Dio manifestatosi come “futuro” che lo chiamava a mettersi in viaggio. Essi da seminomadi, in cerca di una terra da abitare, hanno incontrato Jahve come colui che promette ed è fedele alla promessa. Le tribù israelitiche salvate, cominciano a riflettere su ciò che avevano vissuto e giungono a farsi un’idea sempre più chiara della presenza liberatrice di Jahve. La loro fede si esprime così in forme sociali ed esterne, assumendo i caratteri tipici della religione. E’ qui che nasce il culto rituale. L’incontro con Dio nella storia viene celebrato, cantato, espresso con simboli sacri, rivissuto nella festa con grande gioia. A questo riguardo appare sintomatico nel libro dell’Esodo, dove si ha il primo e sicuro riferimento alla pasqua, l’intreccio di narrazione storica e celebrazione liturgica. In tale Libro, il redattore ha unito strettamente il ricordo della liberazione alla celebrazione liturgica, per dire con tutta evidenza che la pasqua significa memoria (zikkaron) della storia dell’esodo, celebrazione ad onore di Dio per quanto Egli ha fatto. Seppur i riti pasquali non erano affatto nuovi, essendo presi dall’ambiente e dalla cultura del tempo (l’agnello immolato era uso religioso del clan dei pastori; il rito dei pani azzimi faceva parte della religione degli agricoltori,… etc.), oggi la Pasqua è intesa come festività propria del popolo ebraico; “più recentemente” (si fa per dire) è la festività del popolo cristiano che vede nella morte e resurrezione di Cristo, la prosecuzione del piano salvifico di Dio nei confronti del suo popolo e dell’umanità intera. L’ultima cena, da Cristo celebrata, e la sua collocazione cronologica, invece, costituiscono due grossi problemi sul piano storico-esegetico, di cui quello cronologico è da considerarsi previo all’altro in cui ci si domanda se l’ultima cena fu un banchetto pasquale, seppur pregna di “ritualità pasquale”. Ma passiamo alle riflessioni Qui inizieremo ad attribuire al termine Pasqua, il significato di “passaggio”. E pertanto bisogna chiedersi: passaggio per dove, per cosa? E’ senza dubbio un cammino evolutivo della umanità, e non del singolo uomo, che si incontra con Dio, inteso come la “prima” ma allo stesso tempo, la massima manifestazione Divina possibile su questo piano, il cui nome, riferendoci al Vecchio Testamento, è COLUI CHE E’ ; mentre se ci riferiamo al Nuovo, tale nome diviene il SALVATORE (Joshua: Iod, He, Shin, Vau, He) o il Riparatore. Paradossalmente tale evoluzione avviene attraverso il singolo uomo, e finisce per coinvolgere l’intera umana famiglia. Nel libro dell’Esodo, al capitolo 12, leggiamo: “il Signore disse a Mosé (la Legge) e ad Aronne (colui che media, che traduce, che spiega o che avvicina ma con autorità) nel paese d’Egitto: Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno.”… Questo è il primo dei 613 comandamenti che Dio dà ai figli d’Israele, ed è dato nel momento in cui il popolo esce dall’Egitto. Si tratta del primo mese della primavera, come riaffermato nel Deteronomio (16,1). A tale mese corrisponde sia lettera HEY (He) sia il segno dell’Ariete. Per inciso ricordiamo che la lettera Hey, nella sua costituzione, rappresenta le tre direzioni dello spazio fisico: lunghezza, larghezza, profondità; rappresenta anche la nascita di un’idea nel mondo fisico, la sua entrata nel campo tridimensionale. Su di un piano più elevato, queste tre dimensioni sono i “rivestimenti” che l’anima deve indossare prima di poter rivelarsi ed interagire con la realtà inferiore. Essi sono: pensiero, parola ed azione, tre fasi successive del cammino dal segreto al manifesto. La lettera Hey, più di ogni altra, è la lettera dell’auto-espressione, della volontà di rivelare un processo nascosto, di creare, di far nascere. E’ la lettera dei miracoli; rappresenta la “conversione” dell’elemento femminile, il suo “ritorno”(teshuvà) nell’ambito che le spetta, la fine del suo compromesso con le forze dell’oscurità. In generale la Hey rappresenta la “Shekinà” o presenza di Dio. E’ una lettera importantissima in quanto compare ben due volte nello stesso Nome Ineffabile di Dio e, come è noto, la Cabalà associa a ciascuna delle lettere del Nome di Dio delle entità particolari, chiamate “PARTZUFIM”, o Espressioni o Ipostasi. Metaforicamente, il mese della Hey, Nisan, è quello adatto a risollevare quella parte di noi che era rimasta intrappolata nelle oscurità paludose del male, del peccato, della sofferenza, dell’asservimento a forze estranee alla nostra individulità più pura. Rappresenta il tempo della nascita in un mondo migliore. Ricordiamo anche che, per gli Ebrei, il conto dei mesi incomincia dall’equinozio di primavera, quello degli anni incomincia dall’equinozio d’autunno. Ma torniamo all’Esodo: “…sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno.”… E’, come si può ben vedere, l’inizio d’ogni cosa; il cambiamento totale, lo stravolgimento della consuetudine. E, atteso che l’UNO attiene al Divino, tale cambiamento proviene dalla stessa Divinità. E’ in ultima analisi una “Manifestazione” (Epifania) che partendo dalla severità della Legge (di Dio) perviene all’Uomo attraverso la mediazione della GRAZIA dopo che se ne è accettata e/o incarnata la GIUSTEZZA. Per quanto attiene il significato “nel paese d’Egitto”, cito soltanto il De Psqually, secondo il quale, l’Egitto, è il luogo ove furono scaraventati gli Angeli ribelli e, secondo me, il paese dove furono rivelate le “Operazioni Divine” (di cui ci parla lo stesso De Pasqually nel suo trattato della reintegrazione degli esseri, editrice Amenothes) ma travisate nella loro sostanza: è un Prometeo tradito. Ma questo è un altro lavoro! Torniamo all’Esodo. Gli aspetti caratterizzanti il rito pasquale sono:
- l’agnello che deve essere maschio, senza difetto nato nell’anno e che deve essere immolato al tramonto dopo un periodo di cinque giorni (dal 10 al 14) dalla sua scelta, e le cui carni dovranno esser necessariamente consumate arrostite al fuoco con la testa, le gambe e le visceri .
- Il sangue dell’agnello, che deve essere posto attraverso un fascio d’issopo sui due stipiti (colonne del tempio, corpo) e sull’architrave delle case (testa, Golgota), intese come luogo di consumazione del pasto (fuoco purificatore, trasmutazione ).
- L’affermazione “del’ Io Sono il Signore” e della Giustizia divina.
- Gli azzimi e le verdure amare.
- I fianchi cinti.
- I sandali ai piedi.
- Il bastone in mano.
- La perennità del rito o istituzione della Pasqua del Signore.

Tali “ingredienti” caratterizzano il rito sacrificale! E’ quindi consequenziale aprire una parentesi sul significato di sacrificio: dal latino sacrificium, atto di offerta a Dio, è in stretta connessione con il fuoco, con la purificazione corporale (libagione) e si concretizza sull’altare, catalizzatore del sacro, nonché del microcosmo (uomo). Dunque il concetto di sacrificio è legato all’idea di scambio sul piano dell’energia creatrice o dell’energia Spirituale; cioè: più l’oggetto materiale offerto è a noi prezioso, più l’energia spirituale ricevuta in cambio sarà potente. In ultima analisi si può affermare che attraverso il sacrificio (espresso con ritualità) si possa agire sulle forze spirituali per il tramite o la mediazione delle forze materiali, attraverso un catalizzatore (altare e/o uomo-sacerdote). Ma torniamo agli “ingredienti”.

- L’agnello.
Nell’Apocalisse, l’AgnellO è sulla montagna di Sion, è al centro della Gerusalemme Celeste. Guénon suggerisce una analogia fra l’Agnello e Agni, il fuoco vedico; entrambi appaiono come la luce al centro dell’essere, quella luce che si raggiunge nel corso della ricerca della “conoscenza suprema”. Tale accostamento illustra l’aspetto solare, virile e luminoso dell’agnello, Cristo sacrificato, ovvero dello spirito doppiamente forte, in contrapposizione allo spirito perverso. Si riannoda qui la “manifestazione di COLUI CHE E’”, sul piano umano o quaternario! Sinteticamente potremmo dire che la tremenda forza emozionale messa in libertà con il sacrificio, compensa la forza squilibrata del Regno. Cabalisticamente: Tipharet si propaga in Malkhut; e Tipharet, nell’uomo, è ubicato nel plesso solare o gemma lucente! Ancora, Giuseppe GALLO nel suo commento all’Apocalisse di Giovanni, Edizione Maki, al capitolo 14 (l’agnello e i 144.000) dice: “anche qui ci sono molti elementi rituali. C’è un officiante (angelo) nel Tempio, qui chiamato Monte Sion, … (omissis)… da lì è possibile passare dalla terra al cielo come attraverso la porta del tempio. …”. L’agnello, quindi, ha funzione prettamente sacrificale; cioè è lo “strumento primo” che attiva il “catalizzatore” per volontà comunque sacerdotale. E i sacerdozi sono di due specie: quello di MelchiTzedek e quello di Aronne.

- Il sangue.
E’ il simbolo di tutti i valori connessi al fuoco, al calore e alla vita che rimandano al sole. E’ universalmente considerato come il veicolo della vita, principio corporeo o veicolo dell’anima. Nel suo perenne fluire porta con sé non solo l’ossigeno necessario al sostentamento della vita ma trascina anche il “prana” o soffio vitale, presenza di Dio in ogni luogo e alimento primo del perispirito o anima. E ritornando alla pasqua, se lo stipite è l’elemento che sorregge l’architrave (testa), il corpo (stipite) è sorretto dal soffio vitale di Dio-Giustizia . E’ il “Prometeo” riconquistato o “rivelato”.

- Azzimi.
Nel contesto dell’Esodo, gli israeliti si dovranno cibare di pane azzimo. Non solo “non c’è tempo per la lievitazione” ma si dovrà stare in stato di vigilanza o di attesa. Tale stato, in Massoneria, è ben rappresentato dal “gallo” ma questa volta non è necessario l’altro simbolo che ad esso associamo: il “V.I.T.R.I.O.L.” (visita la “terra interiore” e, rettificando, troverai la pietra occulta). L’uomo, divenuto nuovo Adamo, per rivelazione di COLUI CHE E’, anzi divenuto egli stesso Agnello sacrificale in forza del sangue e, quindi, per mezzo del sacrificio, è pronto per incarnare la “SALVEZZA”.

- Cintura.
E’ simbolo delle funzioni che esigono dedizione e fedeltà. Più in generale nella Bibbia è simbolo di stretta unione, di attaccamento costante, nel duplice significato di unione nella benedizione (salmi, 76,11) e di tenacia nella maledizione (Salmi, 109, 18-19). Secondo lo Pseudo Dionigi l’Aeropagita, teologo e filosofo del V secolo, è possibile associare il simbolismo della cintura a quello della fecondità sia materiale sia spirituale. Simbolo della sorgente di tutte le grazie, nella tradizione cristiana, è segno di protezione, di continenza e di castità. E’ assimilato al primo abito di cui parla la Bibbia, formato dalle foglie di fico raccolte da Adamo ed Eva dopo il peccato. Protezione contro gli spiriti malvagi, racchiude e traccia in qualche modo un cerchio attorno a qualcuno, isolandolo e permettendogli di concentrare le proprie forze.

- Sandali.
Simbolo di elevazione mistica o tracce dei due aspetti polari dell’Essenza (i piedi) nel mondo della manifestazione, i sandali, sono il sostituto del corpo degli Immortali ma anche strumenti per spostarsi nell’aria. Mangiare l’agnello con i sandali calzati, quindi, sta a significare la capacità di trasmutazione di cui è capace l’uomo che ha rettificato sé stesso.

- Bastone.
Arma magica, sostegno per camminare ma al contempo segno d’autorità, il bastone, è sinonimo di conoscenza acquisita, simbolo dell’anima trasfigurata dallo Spirito divino e prefigurazione della Croce redentrice. E’ collegato pure al simbolismo del fuoco e quindi a quello della fertilità, della rigenerazione e della risurrezione. - Verdure amare.

Il simbolismo si ricollega al verde, alla natura, all’acqua. Qui sta a rappresentare l’amarezza della natura umana senza la “Manifestazione “, ovvero l’amarezza dell’uomo dopo la separazione o la cacciata dall’Eden. Per concludere, quindi, possiamo dire che, la pasqua, ripropone la storia dell’uomo dopo la caduta, il suo apprendimento delle arti magiche, prima di divenire “Sacerdote perfetto” o MAGO; il suo divenire SACERDOTE, quindi capace di accettare Dio attraverso il sacrificio dopo essersi purificato (digiuno), la sua capacità di compiere il sacrificio perfetto: il donarsi completamente sulla Croce, simbolo ultimo del cambiamento e di rinascita del nuovo Adamo-Cristo.



Bibliografia (dei testi non citati):

- La Sacra Bibbia, edizione ufficiale della CEI;
- Giuseppe Barbaglio e Severino Dianich: Nuovo dizionario di teologia, Ed. Paoline;
- Jean Chevalier - Alain Gheerbrant: dizionario dei simboli, Bur - dizionari Rizzoli;
- Rev. James L. Dow: dizionario della Bibbia, a cura di Giampiero Bof, ed. Vallardi;
- Nadav Eliahu – Mevasser Tov: la Sapienza della Verità, Scuola di Studi Cabalistici.





IL MISTERO PASQUALE DI CRISTO
a cura di
Carlo Crocella



PREMESSA

Per secoli il riferimento a esperienze religiose precristiane era guardato con grande diffidenza nella Chiesa, quasi che ci fosse il pericolo di sminuire il mistero di Cristo attraverso certi paragoni. Oggi l’essere umano è più maturo. Papa Giovanni ci ha invitato a guardare quello che ci unisce piuttosto che quello che ci divide. Il concilio Vaticano II ha avviato un approccio nuovo verso le religioni non cristiane, arrivando a considerarle come una preparazione alla conoscenza di Cristo. L’esperienza della meditazione profonda ci fa capire che la conoscenza intellettuale di Dio è molto limitata e che l’esperienza contemplativa non è traducibile in ragionamenti perfetti. Padre Vannucci diceva che in ogni uomo c’è un particolare messaggio di Dio, indipendentemente dalla fede di quest’uomo.
Tutti i cercatori di Dio hanno qualcosa da insegnarmi. Solo se ho poca fede posso temere l’incontro, ma se ho conosciuto Gesù Cristo, non potrò fare a meno di leggere alla sua luce le esperienze più diverse, e decifrare così qualcosa di più nel messaggio per me che lui ha nascosto nei fratelli che mi fa incontrare.


I MITI, L'ANTROPOSOFIA, LA TEOSOFIA.

L’esperienza della primavera è una delle esperienze più forti dell’essere umano. E’ l’esperienza di una rinascita generale. Nel mondo fisico vediamo la luce che ritorna e supera la durata dell’oscurità; il gelo che cede il posto a un’aria più tiepida. Nel mondo eterico vediamo le forze formatrici ridestarsi con una grande attività nella vita vegetale e anche in quella animale. Molti miti prendono lo spunto da questa esperienza vitale e raccontano di morte e rinascita di un Dio: Osiride in Egitto, Bacco in Grecia, Krishna in India muoiono e risorgono. L’esperienza di base è sempre la vittoria del Sole, che ci riempie di gioia all’equinozio di primavera. Uno dei massimi esponenti dell’esoterismo moderno, Rudolf Steiner, in una conferenza sul susseguirsi delle stagioni come processo di respirazione della terra, dice: “Se l'uomo imparerà a pensare assieme al corso dell'anno, congiungerà ai pensieri umani delle forze che nuovamente gli permetteranno di conversare con le potenze divine spirituali che si rivelano nelle stelle. Dalle stelle l'uomo ha preso la forza di fondare feste che possiedono valore umano interiore. L'uomo dovrà ora fondare feste partendo dall'intima forza esoterica. Discorrendo con le piante che appassiscono e maturano, con la terra che muore, egli troverà nel vero, intimo sentimento festivo che lo porta a ciò, la possibilità di conversare anche con gli Dei. Il vero pensiero di Pasqua risorgerà quando sarà talmente pieno di vita da far sorgere il pensiero di S. Michele.” Cioè il pensiero di Pasqua deve essere così pieno di vita primaverile da ricollegarsi al pensiero della festa di San Michele, pieno di maturità autunnale. Il modo più classico con cui l’esoterismo vede la Pasqua è il processo iniziatico che conduce alla morte dell’io e alla rinascita come Sé, o più precisamente conduce alla morte dell’Io tramite la maturazione della coscienza del Sé. Se abbiamo presente che l’essere umano, prima di aver compiuto un lungo cammino di autocoscienza, è un aggregato di istinti, desideri, pulsioni, pensieri che si esprimono in molteplici subpersonalità, possiamo concepire l’Io come il primo centro unificatore della personalità. L’Io è il principio unificante a livello superficiale, esterno, ma rimane in gran parte determinato dall’esperienza dei sensi. Lungo il cammino spirituale si comincia a sperimentare un livello di coscienza superiore, in cui i desideri e la volontà cominciano ad armonizzarsi con quelli del Creatore. Comincia così a manifestarsi un nuovo centro unificatore del soggetto, che chiamiamo Sé. La relazione tra l’Io e il Sé ricorda l’asse verticale della Croce, mentre l’armonia che viene a formarsi con le creature ha una dimensione orizzontale. In una lezione sul “Significato esoterico della Pasqua” diffusa in forma dattiloscritta da Angela Maria La Sala Batà – uno dei migliori insegnanti spirituali (di orientamento teosofico) di cui ha potuto godere Roma negli ultimi decenni - si elencano cinque iniziazioni cui corrispondono altrettanti eventi della vita del Cristo. Esse corrispondono a cinque fasi della nostra evoluzione spirituale:
1) risveglio della coscienza (nascita, Natale);
2) purificazione della sfera emotiva (simboleggiata dall’acqua: Battesimo nel Giordano);
3) superamento della personalità e presa di coscienza del compito superiore (Trasfigurazione);
4) morte dell’io personale seguita dalla vittoria sulle attrazioni mondane e dall’armonia fra spirito e materia, governata dallo spirito (morte e risurrezione: Pasqua);
5) unione con il Padre (che in questo caso può essere indicato come Monade) con l’affermazione definitiva della coscienza superiore, per cui l’Iniziato diviene un Maestro (Ascensione).
Con riferimento al mistero pasquale e alla iniziazione di morte e risurrezione La Sala Batà scrive:
“Il momento in cui Gesù Cristo sale consapevolmente sulla croce e accetta di morire ha un profondo significato interiore ed universale, e ci mostra emblematicamente l’esperienza che ogni uomo dovrà attraversare quando, superata l’identificazione con l’Io, saprà mettersi al centro della croce unificando gli opposti, il Sé e la personalità, e salirà verso il Padre, la Monade e cioè il Sé universale trascendente”.
E continua:
“E’ la resurrezione il culmine della Pasqua, che vede il Cristo risorgere dopo tre giorni dalla tomba con il corpo glorioso, immortale, incorruttibile (...) E’ l’oro puro dell’alchimia che sorge dalla combustione dei metalli grezzi, come risultato del lungo processo di trasformazione e sublimazione della materia ad opera dello Spirito”.


SPIRITUALITA' CIRCOLARE, LINEARE, A SPIRALE

La lettura esoterica del mistero pasquale ha evidenti radici nella natura, nei miti, nella filosofia e nella psicologia e raggiunge elementi di verità importanti (che riconosciamo veri perché risuonano in noi e risvegliano qualcosa nel nostro spirito). La lettura cristiana non contraddice quella esoterica, ma si pone in un’ottica diversa. Essa si basa su due fatti storici: 1) la liberazione del popolo d’Israele dall’Egitto, e soprattutto 2) la morte e risurrezione di Gesù. L’evento storico di Cristo, avvenuto una sola volta, innestandosi sulla religiosità ciclica degli antichi, basata sul moto degli astri e sul susseguirsi delle stagioni, innesta sulla circolarità preesistente la linearità della storia, dandole un orientamento verticale. Ecco quindi che la spiritualità dell’uomo degli ultimi 2000 anni non è circolare, come quella degli antichi, non è lineare come quella degli ebrei, è una spirale che si sviluppa in verticale, e questa è l’esperienza che ne fanno tutti i cercatori spirituali. Quando si realizza un passaggio significativo nella propria vita spirituale, si scopre che questo ricalca a un’ottava superiore un analogo passaggio avvenuto nel proprio passato.


GESU' MORTO E RISORTO PER I NOSTRI PECCATI Il significato spirituale della liberazione dall’Egitto e della morte e risurrezione di Gesù, e la gioia dirompente che ne deriva, si comprendono bene se facciamo chiarezza su due coppie di concetti: schiavitù-liberazione e peccato-redenzione. Sono due coppie molto simili, al punto che si può parlare di una sola coppia: schiavitù/peccato-liberazione/redenzione. Per la cultura di oggi, segnata dalla psicanalisi e dai diritti dell’uomo, è difficile accogliere la nozione di peccato. Accettiamo di avere un merito per le cose buone che facciamo, ma troviamo mille scusanti per le cose cattive. In realtà per cominciare a intendere il mistero pasquale di Cristo non è il caso di partire da questo o quel singolo nostro peccato individuale. Dobbiamo piuttosto fermare la nostra attenzione sulla condizione di disarmonia, di conflitto, che sperimentiamo con le altre persone, le altre creature, e persino dentro noi stessi. Gesù ci dice che si tratta di una condizione di coscienza che ci fa tristi, da cui possiamo uscire per vivere nella gioia. Tutta la prima parte della sua missione è piena di questo entusiasmo: le Beatitudini, l’annuncio del regno, il discorso della montagna, le guarigioni. Soprattutto il Padre nostro. Per rendere quello che potrebbe essere il senso del testo aramaico proviamo quest’altra traduzione:

Padre nostro dei cieli
Ti offriamo la terra
Governiamola insieme
i nostri desideri s’incontrino in ogni livello di coscienza
Tu ci dai ogni giorno il pane e il tuo amore
e fai pace con noi.
Così noi possiamo far pace con tutti
perché tu ci aiuti a non peccare
e ci liberi dal male.

Non posso dire questa preghiera senza sentirmi preso da una gioia ingenua, fanciullesca, leggera. Non sono davanti al paterfamilias del diritto romano, che ha potere di vita e di morte e davanti al quale mi presento tremante per i miei errori. Ha già perdonato tutto, è lui che vuole lavorare con me su questo pianeta, mi dà tutti gli strumenti, mi aiuta a non peccare e mi libera dal male! Va tutto bene, non c’è nessuna paura, papà non è andato via, papà non mi sgrida, è qui con me e mi aiuta a crescere. Questo non è solo l’insegnamento di un Maestro. E’ un’opera compiuta dal Figlio di Dio nei mondi spirituali che si trovano fuori del tiro della nostra ragione ordinaria. È il mistero pasquale di Cristo. Collegandoci alla lunghezza d’onda di Cristo, alla sua sfera di energia, possiamo superare la frattura radicale, la disarmonia di fondo che sperimentiamo nella nostra condizione umana. Una luce su questa frattura radicale è gettata dalle prime pagine della Bibbia. Bastano poche frasi:

Gen.1,26 “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza”: è l’uomo del 7° giorno, simile a Dio, che lavora senza fatica, in piena armonia e gioia;

Gen.3,4 “Se mangerete questo frutto... diventerete come Dio”: è l’8° giorno, l’uomo sceglie di essere un’immagine di Dio antagonista;

Gen. 3,22 “L’uomo è diventato come uno di noi, conoscendo il bene e il male. Che non allunghi la mano per cogliere anche dell’albero della vita e vivere eternamente”: bisogna ormai aspettare un nuovo giorno: sarà il giorno della Resurrezione di Cristo.

L’uomo dunque è creato in naturale armonia con tutte le creature e con il Creatore. Un Nemico introduce l’opposizione, la frattura. Si mostra nemico dell’armonia. Sembra avere un potere grande sul mondo materiale, una capacità di porre nella materia una forza di attrazione così forte che l’uomo resti schiacciato addosso alla materia e non riesca a gestirla in armonia con i mondi spirituali. Il Verbo di Dio, assumendo in se stesso la condizione umana, sventa il progetto dell’Avversario. Non accettando le regole dell’Avversario (quelle che gli erano state dettate nelle tre tentazioni) egli accetta di subire la conseguenza: il mondo di coloro che sono attaccati alla dimensione materiale e alle logiche di potere che ne derivano lo espelle, come in una crisi di rigetto. Ma al momento della sua morte rimane sancito il fatto che “il Principe di questo mondo non ha alcun potere su di lui” (Gv 14,30): per la prima volta dai giorni della Creazione, nella natura umana è nato qualcosa in armonia piena col progetto divino. A questo punto “il principe di questo mondo è cacciato fuori” (Gv 12,31). Il Corpo risorto di Cristo diventa una sorta di potente magnete, il nucleo di un organismo destinato a comprendere in sé tutta l’umanità.


L'ESPERIENZA MISTICA

Anche uno scrittore esoterico non cristiano come Yogi Ramacharaka ha compreso qualcosa di questo mistero quando, usando i concetti a lui familiari, scrive che Cristo, nato direttamente dal Padre senza karma personale, ha assunto su di sé il karma di tutta l’umanità e ancora oggi soffre nell’umanità per farci consapevoli che noi siamo Dio. (Cristianesimo mistico, p. 155 ss. e 161-162).Una descrizione di questo genere presuppone un’esperienza di unione mistica. In questo caso la traduzione in termini di dottrina di questa esperienza è in sintonia con la stessa dottrina cristiana. Ma è bene ricordare che, in linea generale, il dono dell’esperienza mistica è destinato a stimolare la crescita spirituale di altri, ma non è di per sé garanzia di una dottrina corretta.L’esperienza interiore dei mistici sembra avere qualche analogia con quella che è stata chiamata la quinta iniziazione, che porta all’unione con il Padre e all’acquisizione di una coscienza unificata. Si tratta di una esperienza che non può essere tradotta adeguatamente in termini razionali. Lo stesso Paolo ci fa sapere di un’estasi non descrivibile con parole (2 Cor. 12, 1-4). Altri santi cristiani (e di altre religioni) hanno provato a esprimere in concetti un’esperienza mistica. Ciascuno ha utilizzato i contenuti mentali della propria cultura, ma questi vanno sempre trascesi per avvicinarsi al nucleo dell’esperienza. Quando il mistico è stato condotto dalla grazia alle vette dell’unione divina, ridiscendendo verso la coscienza ordinaria attraversa le regioni della mente, dell’emozione, della sfera vitale, e infine di quella fisica. L’esperienza della vetta arricchisce tutta l’umanità e l’aiuta a incamminarsi sulle vie verso il divino aperte da Cristo. Ma quando il mistico, tornando alla coscienza ordinaria, scende sul livello mentale (descrizioni, dottrine...), emotivo (devozioni), fisico (per esempio dipingere immagini o, come san Francesco, ricostruire una chiesa diroccata), tutto questo resta nei limiti dell’esempio e della testimonianza, e non costituisce norma di fede.


IL MISTERO PASQUALE DI CRISTO SECONDO LA FEDE DEGLI APOSTOLI

Norma di fede sono invece gli scritti mistici del Nuovo Testamento, specie le lettere di Paolo e il vangelo di Giovanni, che presentano il mistero di Cristo con grande vigore. Non possiamo nei limiti posti a questo intervento prenderli in esame compiutamente. E neppure sarebbe tanto utile farlo in forma di conferenza o di articolo. È un cammino di conoscenza che richiede un contesto di preghiera. Di più, richiede l’azione dello Spirito Santo, per illuminare sul peccato, sulla grazia divina in Cristo e sulla sconfitta di Satana (Gv 16,8). Sono temi a cui accostarsi con la mente genuflessa, in una meditazione che predisponga all’apertura del cuore, della mente e dell’aura alla sommità del capo. Occorre predisporsi con la preghiera di Paolo:

“il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi” (Efesini 1,17-18).

Questo tesoro di gloria è proprio il mistero pasquale di Cristo, che Paolo descrive con immagini diverse, componendo come una corona di immagini e concetti attorno al nucleo indicibile del mistero. E’ il mistero di un Figlio eterno di Dio (il Logos del Vangelo di Giovanni, il primogenito di tutte le creature di Paolo) in cui tutte le creature sono state create; è il mistero della sua morte in croce, in cui tutte le creature sono state riconciliate; è il mistero della sua resurrezione, in cui tutte le creature saranno rinnovate; è il mistero di una grazia, un’energia, un eone che promana da Cristo e permea tutta la creazione fino a far apparire cieli nuovi e terra nuova. Questo mistero, tenuto nascosto per secoli anche agli Angeli (Efesini 1,9; Romani 16,25, ecc.), è stato rivelato nella morte e nella risurrezione di Gesù.Ma leggiamo le parole della Scrittura:

“Gesù Cristo, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini. Apparso in forma umana, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome. Perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Filippesi 2, 5-11)

“(Dio manifestò la straordinaria grandezza della sua potenza) in Cristo quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione [sono nomi dati dallo gnosticismo a potenti entità spirituali], di ogni altro nome che si possa nominare, non solo nel secolo presente, ma anche in quello futuro. Tutto infatti ha sottoposto ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose” (Efesini 1, 19-23).

“Egli è la nostra pace... colui che ha annullato per mezzo della sua carne la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo... per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia” (Efesini 2,14-16).

“Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura. Per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Colossesi 1,15-20).

“Siano tutti una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me” (Giovanni 17,21-23).

L’infinito mistero di amore che ci è stato manifestato in Gesù Cristo si può comprendere solo se si tenta di spingere lo sguardo, aiutati dalla Scrittura, fino al dramma cosmico originale descritto come peccato di Adamo. Adamo in questo caso non è solo un singolo, ma rappresenta l’intera condizione umana. S.Atanasio afferma che “L’uomo non poteva essere salvato in altro modo” che con la passione di Cristo (Disc. 4,1-2; PG 89,1347-1349[1]). In realtà nell’intervento salvifico divino si manifestano doni molto sovrabbondanti, che vanno molto al di là di quanto era necessario alla nuda salvezza. Dio, non solo non punisce in modo definitivo la decisione di Adamo di ergersi ad antagonista dell’armonia del creato, e neppure si limita a perdonarlo. Dio fa molto di più. Lo glorifica oltre misura. Dio assume egli stesso la natura di Adamo e accetta di abbassare la propria gloria fino ai limiti della carne e all’ignominia della croce. Accetta l’esperienza umana della morte per capovolgere il sistema di valori “tutto posto nelle mani del maligno” (1Gv 5,19) che era stato avviato dalla scelta di Adamo e si era consolidato in una storia umana scritta in gran parte sotto l’influenza dell’Avversario. Con la sua Resurrezione è resa possibile la resurrezione dell’intera umanità, e con lei di tutto il creato, perché Dio in Cristo diventa il cuore di un organismo mistico destinato a comprendere tutta l’umanità, e persino tutte le creature.Tutta l’umanità in Cristo è destinata a diventare centro e corona del creato. Questo è amore! Un amore da vertigine. Che la nostra mente può tentare di capire, ma le cui luminose altezze e profondità restano avvolte nello splendore del mistero. Per quanto contempliamo Cristo, qualcosa resta insondabile, come egli stesso ci ha insegnato: “Nessuno conosce il Figlio se non il Padre” (Luca 10,22).

 
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edera terrestre
view post Posted on 17/5/2013, 10:15     +1   -1




Molto interessante e importante da sapere. Hai fatto bene a metterlo! sun
 
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1 replies since 6/3/2012, 09:32   2415 views
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