| Questo è un proprio bel tema e a riguardo non sono mai stato capace di chiarirmi completamente le idee. Scrivo qualche riga qui perché vorrei fare po’ di ordine mentale a riguardo e magari leggere qualche opinione da cui trarre nuovi spunti. Tutti i miei dubbi girano intorno al che cos’è un’entità, o cosa non è:
E’ la a) manifestazione di una qualità latente (o insieme di qualità) appartenente all’operatore che la avvicina? E’ b) una manifestazione il cui darsi è indipendente dall’operatore che la avvicina? O è c) la manifestazione il cui darsi è dipendente dall’operatore ma la sua natura è altra, indipendente, da esso?
Il caso a) sembrerebbe un po’ la posizione di Crowley quando scrive “Gli spiriti della Goetia sono porzioni del cervello umano” (The Initiated Interpretation of Cerimonial Magic, 1903) stimolate e controllate attraverso sigilli, nomi di Dio etc. Scrivendo ciò egli svaluta in qualche modo gli spiriti della Goetia dicendo di non aver tempo da perdere con loro in quanto già possiede tutta la logica, i soldi e la salute che gli servono. Vabè, fortunato lui. Qui inoltre non viene fatta alcuna differenza tra evocazione e invocazione (solo l’invocazione è menzionata) in una disamina che porterebbe le due prassi a collassare l’una sull’altra. Questa visione alle volte mi tenta ancora quando analizzo gli effetti di certe operazioni e la misura in cui dipendono dalla mia percezione o azione diretta. Comunque rispetto a questa posizione penso che Crowley fosse sarcastico, o qualcosa di simile, considerando gli altri suoi lavori. A Foyers d’estate magari ci si annoiava. Idee a riguardo?
La seconda opzione b) personalmente non mi piace molto. Sarebbe come dire un archetipo, un universale, il modo di darsi di certe qualità (se l’esempio delle qualità va bene) o di un certo spirito. A vederla così mi sembrerebbe di ridurre la cosa ai principi della logica, o comunque a categorie umane che penso non abbiano alcun senso in questo caso. Senza contare che diventerebbe difficile spiegarsi le diverse forme di manifestazione o l’interazione con operatori multipli che magari hanno intenti contrastanti.
c) è il caso che mi piace di più. Qui sarebbe come dire che c’è una sostanza indipendente dall'operatore che è in grado di manifestarsi in un certo modo unicamente in relazione a quell’operatore e alle sue capacità, formazione, immaginazione etc. A questo livello il rituale diventa la creazione di una singolarità dove “[nell’] invocazione, il macrocosmo inonda la coscienza [consciousness]. Nell’evocazione [invece], l’operatore, essendo diventato il macrocosmo, crea il microcosmo.” L’entità è così portata ad esistenza nel momento della sua considerazione, creando quel terreno comune che si può chiamare crocevia (trivio?), dove due esistenze operatore e demone, angelo, elementare o divinità che sia possono interagire attivamente. Ovvio che questa idea scopre il fianco a un massiccio relativismo...
Questa è un po’ la mia sintesi di esperienze e studi, qualcuno si è fatto idee diverse?
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